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Filosofando

2010 / 2011

<2011/2010>

«essere più audaci e dire il proprio pensiero è da stimolo per i cotardi che riflettono» Mario

2011

Quando la solitudine è grande, e i pensieri si sovrappongono, ecco che dalle mie profondità emergono una quiete e un'aria di libertà sempre desiderata e sanamente riconosciuta.

Molto è stato scritto e riflettuto da me in questi ultimi 7 anni di vita del sito pluchinik. Spesso ho ripetuto concetti nello forme più svariate a seconda dell'argomento o avvenimento attuale. Rileggendomi scopro molti difetti da parte mia, che riassumo così:

Per ogni anno vissuto l'esperienza dovrebbe migliorarci sotto vari aspetti. Abbiamo ancora ereditato le sensazioni e i sentimenti del passato, ma oggi ci troviamo come spiazzati di fronte al nuovo che avanza. Il punto cruciale sta nel fatto che l'evoluzione sociale guidata dal liberalismo sfrenato,

2010

Avendo meno risorse disponibili del proprio io, causa l'epoca moderna che ci ha di molto facilitato l'esistenza, una delle ancore più sicure per non fare emergere le nostre debolezze e limiti sono i miti del nostro tempo da emulare. Mi riferisco alla giovinezza con la sua esuberanza fisica e alla sua flessibilità mentale.

Ritornando al tema della mitologia se oggi se ne parla intendiamo qualcosa di inventato cioè non vero. Pur contenendo dei motivi fiabeschi come si trovano nei racconti popolari, il mito ha un valore che va al di là della semplice storia.

Sentirsi soli è diverso che soffrire la solitudine (si dice). Affermare la propria indipendenza assoluta necessità di una buona dose di solitudine onde potere esprimere i propri atteggiamenti e tramite le attività dare così sfogo alla libertà acquisita.

Qual'è il nostro vero volto che esibiamo? La ragione seguita dai modelli da emulare ci spinge verso il raziocinio, alla stabilità e alla buona impressione che dovremmo dare. L'emozione o in genere i sentimenti più profondi propendono nella direzione opposta e qui che nasce il paradosso.

Oggi viviamo in un’epoca in cui la nuova utopia è costituita dalla credenza di poter finalmente disporre di un libero e totale accesso all’informazione. Dai diversi congegni per l'ascolto musicale, telefonico e virtuale accediamo con un breve tocco dello schermo ad'ogni tipo di informazione.

Il mio ECCE HOMO

21/10/2011

Quando la solitudine è grande, e i pensieri si sovrappongono, ecco che dalle mie profondità emergono una quiete e un'aria di libertà sempre desiderata e sanamente riconosciuta. In questa sembianza di pace interiore, affiorano gli stati d'animo più alti mai provati nella vita morale che ogni giorno impera la sua legge del proibito e delle colpe da assumere. In questo innalzarsi dello spirito, ogni essenza esterna provoca disturbo e mi eleva sopra le cose umane oserei dire. In questo vagare dello spirito e di pulizia verso me stesso, la meta a volte appare vicina con il suo splendore di verità. In questo stato di unificazione con il tutto, gli animali inferiori ci sono sempre vissuti. Il loro istinto è puro e parte del disegno naturale che mantiene l'intero equilibrio degli esseri. Per noi uomini che abbiamo scelto di oscurare tramite la cultura le nostre naturali tendenze d’istinto, il cammino oltre a essere un dono continuo di sorprese e nuovi sviluppi dell'umanità, sia si tratti di distruzione o di nuovi imperi, la profondità di pensiero e la verità sulle cose di questo mondo saranno sempre offuscate dalle innumerevoli barriere poste da noi stessi. Come e quando mi resi consapevole delle mie capacità intellettive, e di usarle a differenza dei decadenti di spirito che scelgono sempre di danneggiarsi, in modo adatto? Pur non avendo mai avuto la predisposizione per lo studio accademico nel senso umanistico o scientifico, iniziai già in tenera età la lettura su temi umanistici. Ciò di cui avevo soprattutto bisogno, me lo presi senza indugi, e iniziai appassionatamente a conoscere me stesso e ciò che era fondamentale alla mia felicità.

L'ombra di mio padre e delle sue scelte di vita, pur non avendo mai vissuto con lui, mi perseguitava. Credendo per una forma di mia giovanile ribellione, di contraddire mia madre, scelsi lo studio che lui tanti anni prima aveva intrapreso. Non fu un errore di grave portata poiché ancora oggi professionalmente mi occupo di tecnica nel modo più assoluto. Anche se appagando in tal modo la mia parte razionale, non ho trascurato lo studio sulla filosofia e la storia, che sono un energico avvincente al vivere, al vivere oltre le apparenze! Tramite i viaggi esplorativi un tempo, in continenti lontani alla scoperta di culture antiche ho appreso il valore di questa mia epoca. Segui gustando tutte le cose buone, anche quelle piccole come pochi altri, alcune salutari e altre meno. Feci della mia volontà di conoscenza, la mia filosofia. In seguito negli anni della "maturità" arrivo la famiglia e con essa le gioie unite alla mia felicità crescente. Il mio principio selettivo con le cose e le persone, eliminarono molte ortiche e presunti sciacalli.

Scegliere sia nelle letture, uomini o paesaggi, onora me stesso giacché congedo e do fiducia a ciò che merita. Non credo di essere un decadente anzi mi sento l'opposto guardando le scelte altrui. Senza arroganze mentali o irriverenza rispetto al prossimo e alle sue scelte, il mio spirito vaga e descrivendo me stesso attraverso le mie scritture, ne gode poiché ciò che ha davanti corrisponde al disegno da me definito tanti anni fa. Respirando l'aria dei miei scritti, cresce la voglia di affermare me stesso e la mia forza interiore. È un'aria delle altitudini, un'aria forte. Correndo il rischio di diventare il lettore di me stesso, tale peregrinazione di tutto ciò che di estraneo e arduo vi è nell'esistenza, mi spinge al limite estremo di considerare ogni conquista e valutazione nella conoscenza, come una pulizia verso me stesso. Il mio HECCE HOMO è la conseguenza naturale di anni di buio e tenebre spirituali, causate dalla vittoria del mio più profondo nato dalla ricchezza più segreta della mia versione della verità. È in questa fonte inesauribile che io attingo la mia volontà. Qui non parla un profeta o fondatore di religioni! Qui non parla un fanatico che predica la propria fede! Andate ognuno per la vostra strada, senza girarvi da chi forse voleva ingannarvi con le sue strane teorie di verità e bellezza. Come disse il filosofo: L'uomo della conoscenza non deve solo saper amare i sui nemici, deve anche saper odiare i suoi amici. Fatalità e felicità spesso sono buone alleate. Questa è la mia esperienza e neutralità di pensiero. 

Poco da dire

25/04/2011

Molto è stato scritto e riflettuto da me in questi ultimi 7 anni di vita del sito pluchinik. Spesso ho ripetuto concetti nello forme più svariate a seconda dell'argomento o avvenimento attuale. Rileggendomi scopro molti difetti da parte mia, che riassumo così: Il discorso spesso terminava con delle critiche sul consumismo, il degrado sociale e intellettuale delle persone o qualche intrigo ai livelli più alti della società o di chi detiene il capitale. Mi rendo conto perciò che i miei monologhi possano risultare di parte o con un'orientamento critico sulle cose del mondo. Un'altro aspetto da correggere era di prendere a volte degli spunti o idee lette nel web, e di adattarne il mio pensiero senza una mi base personale. In realtà questo mio vagabondare nei siti di ogni genere ha arricchito in modo esponenziale il mio sapere su molti temi. Pertanto mi dichiaro un non scrittore, ma un artigiano del sapere. In forma autodidatta affronto gli argomenti che più richiamano la mia attenzione. Non privilegiando dei temi o rami in particolare seguo il mio istinto di vagabondare con il pensiero senza delle precise mete. Ho tentato con mia discreta soddisfazione personale di scrivere alcune poesie e a parte le rime non sempre esatte, lo stimolo per produrre nuove idee è sempre vivo. Non ho riempito il mio sito di riflessioni sul tema dell'ambiente, perchè mi rendo sempre più conto della vastita di materiale già esistente nella rete, e il mio contributo non aggiungerebbe niente di già detto. Piuttosto vorrei soffermarmi sui comportamenti di ognuno nella propria vita, che si muterebbe il consumo verso prodotti utili e meno inquinanti, prendendo spunto dalle mie abitudini. Negli ultimi mesi la scrittura mi risulta faticosa e più dispendiosa. Non per mancanza di idee o di tempo, ma per la maggiore attenzione verso la lettura di alcuni libri che ritengo importanti in questo periodo della mia vita. A volte mi assale lo sconforto di chi mai leggerà i miei pensieri, notando negli ambienti che frequento così poco interesse per la riflessione sui temi da me affrontati. Poi decido di continuare con questa sana abitudine, che tanta soddisfazione personale mi ha dato. Vi sono persone che costruiscono degli imperi finanziari o diventano famosi per qualche moda del momento. Altri lo diventano senza pretese particolari, grazie alle loro particolari doti o azioni che li hanno posti alla ribalta. Noi tutti del popolo dovremmo avere meno pretese essendo poco dotti e privi di mezzi che ci consentano una vita adagiata, e di conseguenza rincorriamo le cose, emulando chi già ne possiede a volontà. Essi questi simboli di potere dovrebbero rinfrancarmi e invece non bastano. Vi è qualcosa di assolutamente più gratificante nella conoscenza dico io, sapendo che sarà sempre maggiore ciò che c`è da imparare, rispetto a quello che ho appreso dalla vita o dalle letture. L' ispirazione che è vera linfa per la mia motivazione si chiama spiritualità. Essa ha svariate interpretazioni. Può arrivare ad includere la fede in poteri soprannaturali come nella religione, ma sempre con l’accento posto sul valore personale dell'esperienza. L'attribuzione di una mia spiritualità non implica necessariamente che pratichi una religione o creda, in generale, all'esistenza dello spirito. Nel mio caso la spiritualità è vista piuttosto un "modo d'essere" che evidenzi un mio scarso attaccamento alla materialita. I mezzi come la scrittura, la lettura e le esperienze personali innalzano secondo le mie aspettative, il livello spirituale di esistenza, dal quale la materia trae vita, intelligenza o almeno lo scopo di esistere. Il tutto condito con l'ingrediente essenziale che io reputo nella vita ovvero l'amore. Senza di esso sarei come una goccia d'acqua nel deserto che vaga per pochi istanti prima di perire nella siccita del menefreghismo generale. Per tutte queste ragioni di interessi multipli, a secondo del periodo il mio sito sarà curato o meno con riflessioni attuali dell'istante o emozione appena vissuta, e meritevole di essere raccontata. Vorrei scrivere solo quando devo dire qualcosa che valga più del silenzio. Il silenzio è necessario in molte occasioni, la sincerità lo è sempre.

Oriundi in conflitto

07/01/2011

Per ogni anno vissuto l'esperienza dovrebbe migliorarci sotto vari aspetti. Abbiamo ancora ereditato le sensazioni e i sentimenti del passato, ma oggi ci troviamo come spiazzati di fronte al nuovo che avanza. Il punto cruciale sta nel fatto che l'evoluzione sociale guidata dal liberalismo sfrenato, oltre ad'averci dissanguato nei principi etico-morali ha di fatto creato uno standard di comportamenti irrazionali, che spingono sempre più persone a non vivere la loro vita in base alle loro ispirazioni, ma seguendo dei modelli preconfezionati. In base al giudizio del prossimo che valuterà il nostro stato di benessere esteriore, noi ci facciamo un idea di noi stessi. Come "analfabeti emotivi" assistiamo all'irrazionalità della perfetta e razionale macchina organizzatrice che è la società moderno-occidentale. Anche i superstiti definiti anarchici o idealisti perdono terreno e si adattono sempre di più all’apparato. Adagiandoci sulle comodità e il successo facile. Di cosa necessitiamo per compensare la nostra attuale inadeguatezza? Anche a questa domanda vi sono dei servizi adeguati con le più svariate ricette per esaudire ogni irrefrenabile desiderio. Il culto tecnico-economico divora ogni settore in ogni istante a tal punto che sono i mezzi di cui noi ancora crediamo di usare, a usare noi indicandoci per ogni evenienza una risposta.

"L’uomo (per usare un’espressione di Heidegger) è la materia prima più importante, è ciò di cui la tecnica si serve per funzionare. La scienza, da quando è al servizio della tecnica e del suo procedere, non è più al servizio dell’uomo, piuttosto è l’uomo al servizio della tecno-scienza." Cosa può l’etica, di fronte alla tecnica, ancora insegnarci? Essa celebra tutta la sua impotenza! Nella speranza che nasca un popolo cibernauta per contrastare con gli stessi mezzi, chi ancora lavora per monopolizzare ancora quel poco che è rimasto di indipendente io seguo nel mio percorso divulgativo con l'animo della formichina, che speranzosa di incontrare tante altre possa seminare divulgando il proprio disprezzo, su tutto ciò che inibisce la propria volontà di pensiero. Il contrasto di noi che definisco "oriundi del pensiero", risiede nella nostra provenienza culturale ereditata dai nostri padri con tutte le tradizioni e valori, e il contatto con la cultura attuale così diversa e in evoluzione costante. Cos`è che oggi regola il comportamento dell’uomo tra gli uomini? Quello che oggi serve è una morale che tenga conto anche della natura, dell’aria, dell’acqua, degli animali e di tutto ciò che è natura. Noi siamo nati per vivere sulla Terra, contrariamente a ciò che le vecchie religioni volevano dimostrare il contrario promettendo una vita ultraterrena. Tutte immagini metaforiche e semplicistiche di un passato in parte lasciato alle spalle. Rispetto al moderno che è già avanzato e che ci considera strumento al servizio dell'apparato economico, io considero al mia esistenza interamente corpo, realtà sensibile. Con una ricchissima varietà di desideri, inclinazioni e sensazioni che attraversano me stesso in ogni istante. Questa mia rivendicazione della natura terrestre dell'uomo è implicita nell'accettazione totale della vita che è propria dello spirito dionisiaco e dell'immagine del superuomo. La Terra non è più l'esilio e il deserto dell'uomo, ma la sua dimora gioiosa. 

Mitologia contemporanea

06/08/2010

Avendo meno risorse disponibili del proprio io, causa l'epoca moderna che ci ha di molto facilitato l'esistenza, una delle ancore più sicure per non fare emergere le nostre debolezze e limiti sono i miti del nostro tempo da emulare. Mi riferisco alla giovinezza con la sua esuberanza fisica e alla sua flessibilità mentale. Alla felicità tanto desiderata e rincorsa, la tecnica, il successo e il potere, la crescita economica, la moda e in genere nell'affermazione di sé e senza dimenticare i campioni dello sport o dello spettacolo. Tutte questi miti son descritti in un interessantissimo saggio scritto da un filoso contemporaneo: Umberto Galimberti. Non mi eserciterò nell'emularne i suoi pensieri e ad'elogiarlo, dato che è ovvio il mio consenso su quasi ogni riga scritta in questo bellissimo saggio. Mi dedicherò ad'esprimere le mie riflessioni sulla mitologia in generale, e prendendo alcuni spunti dal filosofo sopra citato per facilitarne la comprensione del mio pensiero sul tema.

Già nelle storie narrate dell'antichità si incontra spesso il mito. Per gli storici inoltre gran parte delle antiche scritture contenenti storie mitologiche, documentavano in forma pressoche certa la società di quel periodo, assumendo così oltre ad'un valore artistico l'opera ne era indirettamente anche documentaria.

Attraverso secoli bui e incerti riguardo al futuro, il cristianesimo diffondendo un senso di colpa permanente dato fin dalla nascita tramite il peccato originale, ha diffuso e ci ha tramandato in eredità l'errata speranza di un futuro di illimitata felicità dopo la nostra vita terrena. Tutto questo sarà realizzabile rimanendo fedeli all'unica interpretazione divina dettata da Dio, che ci pone la condizione oggi difficilmente realizzabile e in contrasto con i principi scientifici riconosciuti, secondo cui la conoscenza al di fuori dei suoi insegnamenti tramandati attraverso le sacre scritture è pura illusione e dolore.

Ècco nato il mito della felicità secondo la persuasione biblica e con esso il concetto più valido delle nostre radici culturali. In contrapposizione ai miti contemporanei orientati all'eccesso di desiderio e alle esigenze individuali.

Attraverso il crepuscolo degli idoli del passato, in genere avvenuta su ogni parte del globo, travestita sotto il manto della tecnologia e trasfigurata per opera della morale, le persone pur con le loro differenze culturali e di livello sociale ambiscono alla felicità (parolona) rivendicando individualmente il proprio diritto all'affermazione di sé anche a scapito degli altri.

Diversi popoli, attraverso le gesta di dei ed eroi, come personificazione dei fenomeni naturali, hanno tentato di spiegare i tanti misteri della natura. Ogni popolo si è infatti adoperato nel narrare una propria mitologia. Vedi Olimpo dei Greci, al Pantheon dei Romani, ora alla Corte di Odino o ai totem indo-americani, ora ai feticci dei negri-africani o alla teocrazia dei Messicani ed Aztechi e tanti altri ancora.

Come sia mutata la credenza dopo il cristianesimo o le atre religioni monoteistiche, fino ad'arrivare all'epoca moderna dove la scienza e il progresso hanno cancellato nell'immaginario collettivo secoli se non migliaia di tradizione.

Ma non tutto è scomparso o svanito senza lasciare traccia. Sopratutto nell'ottocento con il fenomeno letterario, i cui elementi dominanti sono il mito e la fiaba. Dalla letteratura il fenomeno si è presto esteso agli altri mass media, anzitutto il cinema, quindi i fumetti, i libri, la televisione, la radio, i giochi di ruolo ed i videogiochi. Oggi grazie alle tecnologie sempre più avanzate questo genere di prodotto raccoglie sempre più successo tramite il cinema di genere fantascientifico e i videogiochi veri dominatori e oggetti del desiderio per milioni di giovani in tutto il mondo. Oggi l'industria dello svago fa tesoro di gran parte della mitologia del passato, vendendo un prodotto mai logoro perchè la fonte è inesauribile. Peccato che conosciamo la storia e il nostro passato tramite l'industria dello svago e non tramite esperienze di studio personali. 

Pensiero mitologico

02/08/2010

Ritornando al tema della mitologia se oggi se ne parla intendiamo qualcosa di inventato cioè non vero. Pur contenendo dei motivi fiabeschi come si trovano nei racconti popolari, il mito ha un valore che va al di là della semplice storia. È espressione di cultura e memorie di tradizioni passate. Inoltre il mito come veniva inteso nel passato come rappresentazione delle forze in natura e dei nostri sentimenti. Questi sentimenti spesso occultati dalle religioni e dai tabù, trovavano nella mitologia

quella dimensione di esprimere spesso in forma più veritiera tutte le emozioni ricorrenti nell'esistenza umana. Venivano così descritte tragedie e destini di interi popoli. Se oggi si parla di destino, questo oscuro oggetto che sembra appartenere al passato, e indaghiamo un pò a fondo, scopriremo che è tutt'altro svanito dai nostri cuori. Non dimentichiamo che oggi una grande parte delle persone fa affidamento all'influsso degli astri, della cartomanzia e in genere al misticismo truffaldino che ci svuota le tasche con il nostro consenso, per non parlare delle numerose sette in espansione.

Crediamo nella forza onnipotente di un dio che ha creato ogni cosa, e leggiamo gli oroscopi o ci mettiamo nelle mani di guaritori misteriosi che promettono l'eden in terra. Ma appena la nostra vita o salute incontra uno squilibrio serio ci mettiamo nelle mani dei medici o psichiatri. Miei fedeli non credete in coloro che prometto una vita ultraterrena. Il nostro destino non è tra le stelle ma su questo piante! Non essendo io nella caverna descritta da Platone con il suo mito della caverna

http://www.pluchinik.ch/dmz/Philosophy/Philosophy_text.htm#lapropriarealta

, e non essendo del tutto libero dai condizionamenti ambientali, devo sempre aggiornare il mio credo personale tramite la lettura di altre esperienze, la conoscenza di nuove situazioni e persone, e il mettere ogni giorno in dubbio le mie certezze. Pensare mitologicamente oltre ad'essere divertente e istruttivo ci spiega del perchè oggi siamo diventati quello che siamo, tramite racconti "mitologizzati" del passato. Il mito racconta una storia sacra. Riferisce un avvenimento che ha avuto luogo nel tempo primordiale, il tempo favoloso delle origini. Di solito i suoi protagonisti sono dei ed eroi come protagonisti delle origini del mondo in un contesto sacrale.

Nell'antichità i rituali legati alle feste pubbliche venivano fissati in opere di pittura o di scultura (spesso sulle pareti di templi o case) oppure su vasi, sigilli, tazze, cofani, scudi, tappezzerie, acquistando nel tempo lo status di miti.

Come tradizione che doveva garantire la fertilità della terra o la prosperità dei regni, i miti divennero istituzioni religiose fondamentali. Il loro contenuto era condiviso e ritenuto importante da tutti. Questo ruolo oggi è di proprietà del denaro. I personaggi potevano essere divinità, eroi, antenati, animali o creature mostruose.

Non soddisfacendo un interesse scientifico, il mito esprime, stimola e codifica la credenza. Il mito è dunque un ingrediente vitale della civiltà umana; non favola inutile, ma forza attiva costruita nel tempo.

Addirittura un filosofo neoplatonico scriveva nel IV secolo: "Poiché il mondo stesso lo si può chiamare mito, in quanto corpi e cose vi appaiono, mentre le anime e gli spiriti vi si nascondono."

Guardando le società umane odierne e volendo considerare il mito come ordinatore della realtà, che pur non conosce le leggi che governano la natura, le cause della vita e della morte, del bene e del male, rischia di perdersi, di cadere preda dell'ansia e della paura.

In ultima analisi usare il mito è il bisogno di spiegare la realtà, di superare e risolvere una contraddizione della natura, è spiegazione di un rito, di un atto formale che corrisponde ad esigenze della tribù, è struttura delle credenze di un gruppo. Il mito oggi come citando Gramsci: l'ideologia è una forza che forma “il terreno in cui gli uomini si muovono, acquistano coscienza della loro posizione, lottano, ecc.”. La mia conclusione sul pensare mitologico è che il mito e il senso comune sono ambivalenti: a volte conformati, a volte sono buon senso. Spetta a noi decidere se i miti moderni costruti unicamente da esperti di marketing, allo scopo di vendere siano sono ambivalenti con il nostro senso personale.

La retta solitudine

15/06/2010

Sentirsi soli è diverso che soffrire la solitudine (si dice). Affermare la propria indipendenza assoluta necessità di una buona dose di solitudine onde potere esprimere i propri atteggiamenti e tramite le attività dare così sfogo alla libertà acquisita. Ma la tanto decantata indipendenza è purtroppo per coloro che non l'hanno mai conosciuta innata e non gratuita per tutti. Si può al limite scoprirla e farla germogliare tramite il sacrificio di una educazione opprimente o di un ambiente famigliare nevrotico che punta ad'una unione falsa, basata esclusivamente sull'autorità e prepotenza. In seguito con gli anni dopo avere vinto alcune battaglie e subito innumerevoli delusioni, avere letto molti libri o conosciuto diverse realtà si apprende che la vera indipendenza giace nella retta solitudine. Lo stare con se stessi in armonia e serenità, riempiendo quei vuoti e sensi di colpa causati dalle persone infelici, ci dona finalmente l'amico più atteso e fedele. Noi stessi.

Maschere defraudate

08/06/2010

Qual'è il nostro vero volto che esibiamo? La ragione seguita dai modelli da emulare ci spinge verso il raziocinio, alla stabilità e alla buona impressione che dovremmo dare. L'emozione o in genere i sentimenti più profondi propendono nella direzione opposta e qui che nasce il paradosso. Non potendo mostrare interamente sé stesso perché quasi nessuno accetta interamente sé stesso, tutti in maniera più o meno evidente, sviluppiamo delle maschere che sono sia di copertura che di protezione.

Fin da piccoli, siamo chiamati ad intrecciare complicatissimi rapporti tra il nostro io, la famiglia e la società: Costretti a forgiare delle maschere che, se da un lato ci aiutano a relazionarci con il mondo evitando di sentirci troppo spesso “nudi e senza difesa”, dall’altro, soprattutto quando sono troppo rigide e inutili, ci spingono a nascondere ipocritamente un falso Sé. È d'altronde impensabile che noi possiamo essere identici sia nei nostri rapporti intimi sia nell’ambito professionale dove siamo chiamati a mostrare forza, competenza e decisione. Se la fortuna e la nostra audacia in cerca di essa ci ha baciati, l'amore per una donna i figli diventano se ormai la maschera la portiamo costantemente in società, l'unico attimo felice della nostra esistenza in cui ci libereremo della nostra ormai cronica ipocrisia.

Dal punto di vista della psicologia sulle maschere, il primo a rendersi veramente conto di questa particolarita è stato C.G.Jung che, addirittura, colloca la “persona” come una delle istanze del nostro inconscio e la considera l’antagonista dell’ombra, quindi una parte molto importante della nostra psiche. Jung dice che, siccome il mondo ci richiede alcuni comportamenti, noi siamo costretti a conformarci a certe aspettative e quindi la maschera ci permette questo adattamento. Il pericolo – suggerisce Jung - sta nel diventare troppo identici alla “persona” al punto da “identificarsi” con essa e riconoscere solamente quei particolari tratti e non tutto ciò che è estraneo ad essa.

Io aggiungo che riconoscere questo stato di immobilità collettiva nel sapersi liberare dai propri timori, è il primo passo verso un cammino della retta via che porta alla spiritualità. Ovvero la scoperta che oltre alla materia visibile esista un livello spirituale di esistenza, dal quale la materia tragga vita, intelligenza o almeno lo scopo di esistere. Osservando il desiderio crescente di conoscere se stessi, occorre osservarlo come parte di noi stessi e non al di fuori.

Io sono desiderio, sono l'energia e linfa vitale che conservando me stesso integro e protetto da ogni menzogna esterna, ritrovo in questa introspezione tutto ciò di cui necessito. Io vedo oltrepassando i desideri effimeri di questo mondo la bellezza, la profondità, la grandezza e l’energia, il tempo, la passione per studiare, per educare me stesso a capire di cosa si tratta. Se ci mancano l’amore, la compassione e la loro intelligenza, allora la meditazione su questa scoperta di noi stessi avrà ben poco significato.

Nel nostro profumo di saggezza interiore, quello che è eterno non potrà mai essere trovato. Per questo è tanto importante mettere completamente in ordine la nostra casa, non solo la casa in la in cui abitiamo, ma la casa della nostra vita e del nostro essere fatto di mondi esterni ma sopratutto interni.

Defraudiamola questa maschera, chiedendoci per quale ragione non mostrarsi così come si è? Il pegno da pagare nel vivere se stessi è di una continua ricerca di sé stesso efficace, e di non accontentarsi di volta in volta di una maschera utile all'occorrenza. Così mi parlò un giorno la mia ombra e credendo di essere cresciuto, ho seguito il cammino senza ritorno della spiritualità e dell'amore della conoscenza.  

Pesanti le sconfitte subìte, maestose le vittorie da esse ricavate! Potranno mai intendere gli ignobili e grezzi di mente le mie maschere defraudate? 

La schiavitù tecnologica

28/01/2010

Oggi viviamo in un’epoca in cui la nuova utopia è costituita dalla credenza di poter finalmente disporre di un libero e totale accesso all’informazione. Dai diversi congegni per l'ascolto musicale, telefonico e virtuale accediamo con un breve tocco dello schermo ad'ogni tipo di informazione. Dai viaggi alle enciclopedie a network sociali la scelta non manca. L'Homo tecnologico tende sempre più alla dipendenza, liberando, così crede, la mente da compiti monotoni per disporre sempre più di tempo libero. Non potendosi liberare dagli stessi mezzi che avrebbero dovuto regalare più libertà, il paradosso è confezionato e trova, tramite questa utopia, la sua rappresentazione pratica nell’intricato groviglio di reti su scala planetaria. Esse integrano e avvolgono ogni giorno di più le nostre attività quotidiane. Una delle idee forse più diffuse è che Internet rappresenti l’enciclopedia delle enciclopedie. Questo strumento ideale che potrà finalmente permetterci di cercare e trovare con facilità tutto quanto ci può servire all’interno dell’insieme della conoscenza prodotta dall’umanità. Non essendo però l’Enciclopedia un semplice ammasso di informazioni gestite da un unico protocollo tecnico, ma una serie di competenze comuni, di meccanismi di regolazione del senso socialmente accettati. A differenza dei motori di ricerca nella rete le enciclopedie tradizionali formano un’entità capace di interpretare e gestire il proprio contenuto trasformandolo e rielaborandolo. I suoi contenuti possono col tempo essere considerati superflui, sorpassati e possono quindi essere rimossi, permettendo in tal modo un monopolio delle idee, e la diffusione di false credenze, utopie e dati utili alla ricerca scientifica. Internet, e tutti i sui derivati tecnologici venduti per fare trend, al contrario, nella sua struttura originaria non è altro che la rappresentazione tecnologica di questo personaggio di fantasia: tutto può essere pubblicato e tutto viene registrato, grazie alle crescenti capacità tecnologiche, senza per questo che vengano forniti agli utenti gli strumenti necessari a filtrare l’informazione prodotta, a sbarazzarsi del superfluo. In questo panorama virtuale i motori di ricerca assumono oggi il ruolo di principale mediatore informazionale, di strumento chiave per la gestione del sapere e svolgono questa funzione in maniera molto più completa di ogni altro attore passato. Essi sono inoltre caratterizzati da un’ulteriore costrizione: in quanto nascono come aziende private che agiscono all’interno di un’ottica mirante alla creazione di profitto . Questo ruolo fornisce loro un potere enorme che noi subiamo anzi sfruttiamo felicemente senza esserne coscienti.Un punto di maggiore vulnerabilita per l’utente medio è costituito dal fatto che registrando i suoi dati nei vari portali, fornisce un insieme di informazioni personali che verranno poi sfruttate a scopi commerciali. I nostri dati che noi crediamo confidenziali sono a disposizione delle aziende che ben sanno come sfruttarle, vendere e orientarsi su quali prodotti porre più attenzione. Avranno così un profilo esatto delle nostre abitudini.

Potrà sembrare paradossale, ma lo spazio ed i servizi gratuiti che vengono offerti agli utenti, sono in realtà quotidianamente ripagati tramite la vendita delle proprie informazioni personali, siano esse contenute nei messaggi di posta elettronica conservate sui server aziendali, siano esse costituite dai testi digitati durante le sessioni di ricerca, fino alle informazioni lette o alle mappe consultate. La tanto decantata gratuità insomma non è realmente tale, ma è costituita dalla vendita dei nostri dati, ai vari gestori di motori di ricerca come a molte altre aziende tecnologiche. Nei fatti le grandi aziende tecnologiche attualmente presenti sul mercato, rappresentano un’inedita concentrazione di potere senza per questo essere sottoposte ad alcuna restrizione che le obblighi alla trasparenza. Da un lato l’utente perde il controllo di una parte dei dati sensibili che lo riguardano, inserito all’interno di un nuovo modello economico che privatizza e riutilizza il privato degli utenti al fine di creare ulteriore profitto per l’azienda. Dall’altro lato le nuove tecnologie della ricerca digitale impongono una situazione di monopolio ristretto che riduce il numero degli attori che possono fornire lo stesso servizio e li rende, al tempo stesso, facili prede delle autorità statali e poliziesche che possono utilizzarli al fine di controllare in maniera permanente i comportamenti della propria popolazione.

In tutto questo scenario di analfabetismo informatico da parte nostra, pur utlizzando i vari strumenti tecnologici che ci danno (così crediamo) rispettabilità e uno stato di benessere, il potere economico e quello informazionale cresce sempre più, costringendoci a domandarci se una democrazia classica sia davvero praticabile (auspicabile) nell’era globale?

Si tratta di una serie di interrogativi che ritengo sia lecito ed importante porsi di fronte all’attuale inadeguatezza delle strutture organizzative che deriviamo dal nostro passato. Questo significa che siamo noi stessi ad educare, tramite le nostre abitudine che dall'altro lato utilizza le nostre informazioni. La soluzione è semplice e alla portata di tutti. Mantenere l'anonimato in ogni situazione, non registrandoci in nessun sito, eliminando ogni carta di credito e facendo uso il meno possibile del cellulare. Incontrando fisicamente le persone a noi care, instaurando dei rapporti autentici ed'esprimendo anche le nostre più intime fantasie o fobie a delle persone di fiducia e rispettose di noi.

La mondanita ed'esplosione dei network sociali richiede da parte nostra di affrontarle sul nascere e riconoscere e combattere più facilmente quelle nuove forme di sudditanza che possono divenire schiavistiche e possono nascere oggi anche dalla gestione informatizzata dell’informazione e delle strutture economiche.

Il loro essere estremamente difficile da identificare utilizzando la terminologia derivata dalle classiche analisi politiche e giuridiche non può costituire, nel caso specifico, che un invito ad approfondire ulteriormente la riflessione. Lo stesso discorso lo riporterei anche sulle offerte così allettanti e ingannevoli della televisione a pagamento e della telefonia. Lo sport in particolare ne è la vittima sacrificale. Di fatto con il pretesto del digitale costringono l'utente da anni abituato alla visione di certe trasmissioni a lui care, ad'affrontare delle spese per potere assitere a degli eventi che in passato erano unicamente finanziati dal canone. È aumentato si l'offerta e possiamo vedere ad'ogni ora degli eventi sportivi, ma d'avvero abbiamo la necessità di 100 e oltre canali? Perchè per esempio una decina di anni fà nella nostra piccola Svizzera si ricevevano 2 o 3 tre canali dall'Italia, mentre adesso "la pacchia" è finita, e siamo costretti a pagare tramite il digitale un supplemento mensile? Certamente penseranno molti, oggi abbiamo dei televisori sottilissimi con una qualità di ricezione impensabile fino a qualche anno fà, abbiamo la possibilità di registrare su dei dischi fissi centinaia di film scaricandoli illegalmente da internet, possiamo alla barba delle varie tv a pagamento tramite dei decodificatori illegali scaricarci i codici di accesso e con orgoglio parlarne e far si che si diffonda questa nostra brillante trovata. Mentre dall'altro lato chi progetta e si arricchisce se la ride escogitando la prossima barriera tecnologica, che ci costringerà a delle nuove spese (sempre vantaggiose) perchè illegali. Possiamo giocare online con altri utenti rinchiusi soli come noi davanti al computer, possiamo riservare un volo, comprare dei biglietti per qualsiasi evento, fare degli acquisti ecc.. Ma tutto questo tempo "libero" che un tempo impiegavamo per svolgere molte faccende oggi risolvibile dalla rete, come lo impiegamo? Per finire un'esempio che nei prossimi mesi per le elezioni regionali italiane è palese. Per partiti, partitini e candidati è il momento di agire. La campagna elettorale è già in corso anche nella nostra realtà svizzera. Chi garantirà la trasparenza delle informazioni che i vari giornali, telegiornali divulgheranno per convincere noi elettori? Da un lato coalizioni di veline velone e puttanieri, e dall'altro le stesse facce da decenni con le promesse mai mantenute. Come non servirsi anche in questo caso delle tecnologie dilaganti per assicurare ai politici quelle poltrone così ambite. Essendo noi per niente informati nè interessati ai fatti di ciò che dovrebbe cambiare la politica nelle nostre vite, perchè troppo distratti e disorientati oltre all'ignoranza che dilaga. Siamo succubi della tecnologia che avrebbe dovuto migliorarci la vita, mentre l'unico organo predisposto al pensiero a nostra insaputa verrà sempre più sostituito come già è avvenuto per il lavoro manuale dalle macchine.

Scriveva Seneca quasi due millenni fà:

"Niente ci appartiene, Lucilio, solo il tempo è nostro. La natura ci ha reso padroni di questo solo bene, fuggevole e labile: chiunque voglia può privarcene. Gli uomini sono tanto sciocchi che se ottengono beni insignificanti, di nessun valore e in ogni caso compensabili, accettano che vengano loro messi in conto e, invece, nessuno pensa di dover niente per il tempo che ha ricevuto, quando è proprio l'unica cosa che neppure una persona riconoscente può restituire....."

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